Rémy e Sandra non riescono a concepire un figlio perché, come rivela loro un terapeuta, soffrono della "sindrome degli amori passati". Per guarire, hanno una sola soluzione: devono andare a letto ancora una volta con ognuno dei loro precedenti amanti...
Avanza come una commedia romantica il film di Raphäel Balboni e Ann Sirot, coppia belga di La folle vita, trattamento inatteso e originale di un soggetto greve come la demenza semantica. Ma poi diventa un 'caso politico' che interroga e prova a districare le tribolazioni dell'amore attraverso un argomento balzano. Come il loro debutto anche La sindrome degli amori passati è focalizzato su un uomo e una donna che vogliono avere un bambino. A impedirli questa volta è un passato che evidentemente non passa e influenza i fili intricati del desiderio coniugale. La filiazione tra i due film è sottolineata anche dalla presenza di Lucie Debay, attrice belga col vento in poppa. Sostenuto da una falsa aria documentaristica, il film approccia con leggerezza e humour il tema dell'infertilità, battaglia condotta e battuta a colpi di ex, depennati come prodotti dalla lista della spesa. Al di là delle situazioni comiche generate da una simile impresa, come lo scarto tra l'atteggiamento disinibito di Sandra e l'apprensione di Rémy, il film si concentra sul rapporto tra passato e presente all'interno di una relazione, rinfrescando i codici della commedia romantica e offrendo spunti di riflessione su come amarsi e parlarsi. La sua essenza è il trattamento del dialogo sentimentale, della sua ragione d'essere, delle domande contemporanee che solleva. Ogni incontro diventa un caso di studio, un equilibrio inventivo trovato da altri romantici per mantenere dritta la barra. Intrigante anche nella forma, La sindrome degli amori passati escogita una maniera singolare di infilarsi nell'alcova dei vecchi amori, coreografando (letteralmente) le scene di sesso, più simbolico che letterale. Girate come intermezzi musicali per minimizzare l'infedeltà di coppia, sono un profluvio di artifici colorati e intervalli onirici, persino surreali, che conferiscono alla commedia un DNA particolare, pop e giocoso. Una sorta di film-laboratorio o film-fumetto con tavole a colori, affollate di corpi nudi, costumi animali, copertoni, panni stesi e asciugacapelli... Il letto coniugale diventa l'anticamera di una coppia-cavia che ha stretto un patto, trasformato progressivamente in un vero e proprio test, tra fantasia e riflessioni, confidenze e un pizzico di verità. Il postulato finzionale funge da pretesto per un'esplorazione sincera e libera sulle relazioni amorose, sull'ipocrisia inscritta in qualsiasi impegno o contratto tra due persone, un passo avanti contro le rappresentazioni sovente imposte, dalla fiction come dalla realtà. Lucie Debay e Lazare Gousseau conferiscono una grande densità e autenticità ai loro personaggi, pionieri in un regno insolito della finzione, una terra di mezzo, un po' tribolata e un po' fiaccata dai cali di vento e di immaginazione, che il film si ripromette di rincantare. Balboni e Sirot non hanno la presunzione di reinventare l'amore, si limitano a suggerire un'idea di famiglia meno rigida, aprendosi a un'altra considerazione del significato di legame e di quello che stabilisce un legame. A essere concepito alla fine sarà l'amore, un amore diverso. (Marzia Gandolfi - MYmovies)
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