gio 7: 21.00
Premio Orizzoni Miglior interpretazione maschile Venezia 2024
Licia è una donna che si divide tra lavoro e figli. Suo marito Franco Celeste è appena uscito di prigione, ha provato ad allontanarlo per via dei suoi atteggiamenti violenti senza successo. Nella sua vita ripiomba più volte, malgrado i tentativi di denunce e allontanamenti vari, e questo funesta la sua serenità e quella dei suoi due figli. In particolare Luigi, che sta prendendo una brutta piega: rincasa tardi la sera, frequenta neofascisti, è sempre di cattivo umore. Intanto la violenza in casa non accenna a diminuire.
È un film volutamente disturbante, l'opera seconda di Francesco Costabile. Un melò violento e claustrofobico con l'anima di un cupo thriller che getta lo spettatore in un'atmosfera carica di tensione, facendolo diventare membro esterno della famiglia che racconta. Una famiglia altamente disfunzionale, dominata da un padre e marito violento e imprevedibile. Lo interpreta il sempre ottimo Francesco Di Leva, mentre la moglie, madre e vittima di violenza è la talentuosa Barbara Ronchi, per l'ennesima volta convincente. I figli non sono da meno, specie Luigi, interpretato superlativamente da Francesco Gheghi, fidanzato nel film con la brava Tecla Insolia. Insomma, gli attori sono il punto di forza del film, catturano il cuore dello spettatore con le loro performance viscerali catapultando nella tensione insostenibile di quelle mura domestiche, dove basta un niente per far esplodere la miccia della violenza più cieca. Tratto dall'autobiografia "Non sarà sempre così" di Luigi Celeste (Piemme), è un film che ripercorre dolorosamente tutte le tappe di chi vive un incubo del genere: i figli bambini che si tappano le orecchie a vicenda ("Quando ci sono i rumori dobbiamo aspettare"), la cancellazione dello stato di famiglia, la denuncia, lo strappo emotivo quando tolgono i figli alla madre (la scena più straziante), la destabilizzazione di un'adolescenza vissuta con rabbia, l'incapacità di respingere il padre dei propri figli anche se è violento e la rassegnazione a prendersi le botte per tutti. In parallelo scorre sullo schermo l'adolescenza di Luigi e la sua adesione a un gruppo di estrema destra, la violenza che si eredita, come il carcere, e poi uno spiraglio di luce con una storia d'amore. Ma rischia di restare solo uno spiraglio: non a tutti è concesso il privilegio della serenità, specie se in casa ci sono continui episodi di sopraffazione e offese, tra botte e strangolamenti mostrati in primo piano. Un film che in alcuni momenti ricorda L'amore folle di Gilles Lellouche e che si rivela in grado di sconquassare il cuore e far entrare il pubblico dritto dentro quel tunnel da cui non sembra esserci via d'uscita. La sceneggiatura cede in alcuni punti, specie nel tratteggiare le donne come solo vittime o angeli con la mania di salvare/perdonare e gli uomini machi a confronto, concludendo poi che l'unica soluzione quando le istituzioni latitano è la giustizia privata, presentata persino come atto di liberazione. Ma davvero ci si libera dalla violenza solo attraverso la violenza, perpetrando modelli di mascolinità tossica pur di spezzare la catena di un incubo? Tratto come si è detto da una storia vera, il film ha il merito di mostrare con intelligenza tutta la complessità del denunciare e di tutte le sue sofferte conseguenze. (Claudia Catalli - MYmovies)
Ravenna
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